martedì 7 aprile 2009

LA NOSTRA CASA


Ci sono giornate, che non nascono come tutte le altre. Ci sono giorni che dal televideo, dal telegiornale del mattino, capisci che è successo qualcosa di più grande. Di più grande come più grande di ogni uomo e di ogni casa in cemento armato è la terra che decide di spostarsi. Ci sono storie, dentro un terremoto. Le storie di chi l'ultima cosa che ha visto è stato il muro della propria casa cadergli addosso, di quella casa dove sono finiti i giorni di lavoro, di quella casa che nella mente di ognuno è il rifugio dal casino del mondo. Le storie di chi si è salvato ma ha perso mamma, papà, fratelli, sorelle, bambini. Le storie di chi si è salvato e basta, e bastava che abitasse nella casa accanto, o al piano di sopra o di sotto, che forse non ce l'avrebbe fatta. Le storie di chi una casa ce l'aveva, fino alle tre della notte scorsa. Le storie personali, che i rimbalzi mediatici diffondono al mondo senza il filtro di nessun commento. Di quella bimba di pochi mesi che si è salvata perché la mamma le ha fatto da scudo, o di quella nonna che ha resistito un giorno e mezzo facendo l'uncinetto per far passare il tempo o ancora del bambino che è tornato in casa per prendersi il pupazzo e ha trovato un sopravvissuto. E poi, l'Italia che si è svegliata scossa da tutto questo. Perché finché senti la gente che chiede aiuto e si dispera in un altra lingua, come spesso purtroppo capita nei servizi dalla Palestina, da Israele, dall'Africa e da chissà quanti altri posti del mondo, finchè lo senti nella loro lingua, provi compassione e qualche momento di tristezza. Ma quando la gente che chiede aiuto lo dice nella tua lingua, lo dice in italiano, è diverso, è infinitamente diverso, perchè lo sta dicendo così come lo diresti tu, e la compassione si trasforma in un dovere di coscienza per aiutare, per fare qualcosa. E' lì, che capiamo l'inutilità di non fare niente, d non poter fare niente, quando qualcuno ha bisogno di aiuto. Nella disperazione della tragedia, sono orgoglioso di essere italiano quando mi accorgo che la gente normale rinuncia a qualcosa immediatamente per mandare un offerta, quando i medici, gli infermieri, i volontari lasciano le loro cose e partono per aiutare, quando bastano un appello dell'Avis e dodici ore perchè le donazioni di sangue siano sufficienti. Sono orgoglioso quando abbiamo la percezione che la nostra casa esca dal nostro quartiere, dalla nostra città, dall nostra regione. Quando sentiamo l'Italia, come la nostra casa. Succede quando capita qualcosa che interroga le nostre vite nel profondo, ogni volta che succede qualcosa per cui in un modo o nell'altro ci rendiamo conto che potremmo esserci stati noi, dall'altra parte. Coraggio.

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