martedì 1 settembre 2009

IL CERCHIO PERFETTO


"E' strano come la vita, a volte, disegni sulle sue strade curve strane, apparentemente tortuose, che si rivelano alla fine essere cerchi perfetti.

Quando il pulmino si fermò davanti al liceo don Bosco di Ngozi, nord del Burundi, nei primi giorni d'agosto del 2007, scendeva un animatore che aveva sognato e desiderato di andare in Africa e che c'era arrivato dove e come mai avrebbe potuto immaginare.
La vita, lo aveva accontentato.
Mi venne incontro un bambino di tre anni, forse quattro, incuriosito dal colore della pelle o chissà, magari solo da una visita un po' inusuale per quel cortile, non troppo abituato forse a ricevere ospiti di altre nazioni.
Si chiama Bertrand, ed è stato il primo bambino che ho incontrato laggiù, il primo a cui ho teso la mano, il primo che ha appoggiato la sua sulla mia, il primo che ho guardato negli occhi senza sapere bene cosa dirgli.
Un sorriso, che riassumeva l'essere lì, il volere essere lì, e questo primo incontro così dolce.

Un sorriso di quelli naturali, che vengono e basta perché alla fine nonostante le mille imperfezioni siamo stati fatti proprio bene, capaci di un linguaggio fatto di gesti che non ha bisogno di essere imparato a scuola e che corre oltre le parole. I gesti parlano di noi, parlano agli altri per noi come e forse in taluni casi anche di più, delle parole.
Ed un ragazzo burundese, due passi più in là di Bertrand.
Pete, diventato prima un amico e poi il primo animatore.
Così.

Poi il progetto è decollato, ha funzionato, quell'animatore è diventato per la gente muzungu -uomo bianco - e poi, più semplicemente, Joseph, l'animatore che ama camminare senza jeep tra la gente dell'Africa e che ha i bambini sempre attorno. Che ha girato con i compagni di viaggio e di vita le città del Burundi, incontrando migliaia di persone che un po' alla volta gli hanno svuotato l'anima di qualsiasi polvere di occidentalità che ricopre i colori accesi del nostro essere e l'hanno riempita con l'essenzialità che svela quali sono le cose davvero importanti.

Tante notti passate a dormire in posti che se non fossero curve strane della vita e parti di un cerchio perfetto, probabilmente non avrebbero senso. Tante cose imparate dall'Africa, tanto ancora da imparare.
Tanti incontri e tanti viaggi, soprattutto, ed ogni incontro una storia, di questo viaggio "al contrario", dal nord al sud dall'Occidente all'Africa, dall'Italia al Burundi.

Ah, già, il cerchio perfetto. Alla fine di agosto del 2009, un pulmino si è fermato per prendere e portare all'aereoporto della capitale un gruppo di animatori in partenza per l'italia.
Il progetto lì a Ngozi è finito. Missione compiuta.
Adesso i bambini sono qualche migliaio, gli animatori un centinaio e i bambini stanno imparando ad essere un po' più bambini ed a giocare insieme e gli animatori a prendersi cura dei loro piccoli.
Pete, il primo animatore, guardandomi nel salutarmi, mi ha semplicemente abbracciato e mi ha detto “tornerai, un giorno?”. Ho guardato in alto, probabilmente, sta lì la risposta che ancora non so.

Poi, a sorpresa ed inaspettatamente come le cose più belle, quando ormai stavamo per partire, arriva dal sentierino un bambino di cinque, forse sei anni, con il solito sorriso acceso e la solita andatura cadenzata e lenta.
Bertrand.
Non so dire di preciso che cosa abbia pensato in quel momento. Forse che la vita in fondo ha una storia ed un progetto segnato fin dal primo giorno, e che le strade ci mettono davanti persone che fanno dei gesti da leggere, da elaborare, per capire che Dio, forse, ci parla così.
Che la vita, in fondo, è in fin dei conti un continuo cercare di camminare due passi più in là dei sorrisi che incontriamo, per inseguire e ritrovare i nostri cerchi perfetti.

So che mi sono allontanato, inginocchiato per terra ed ho allargato le braccia in un gesto di naturale accoglienza e di confidenza creata nel tempo.
Ed è lì che Bertrand ha sorriso, ed accelerando i passi poi ha corso fino a saltarmi in braccio. Adesso che un po' so la lingua kirundi, non potevo più accontentarmi solo di regalargli un sorriso.
Gli ho detto di salutarmi la sua mamma e di continuare a venire a giocare con gli altri bambini.
Mi ha sorriso, e ha fatto sì con la testa.
Poi, abbiamo cantato un pezzettino della canzoncina che abbiamo imparato l'anno scorso.
Devo andare, Bertrand” - ed ho allungato la mano.
Ed ha appoggiato la mano sulla mia. Come tre anni prima.
Esattamente, come tre anni prima.
Su quelle due mani, sono passati questi tre anni di storia.

Gli altri mi aspettavano già sul pulmino.
Salito sul pulmino, Raymond mi ha detto: "Joseph, dove sei andato?
A chiudere un cerchio, Raymond

3 commenti:

twigabea ha detto...

sentire sempre le tue parole anche mie...se mai ci incotreremo ( e ci incontreremo, vero?!) so che con te non sarà necessario parlare per capirsi.
ben tornato.

tangalor ha detto...

Accidenti Peppe! :)

Mi hai fatto venire la pelle d'oca! Sembra un film questa storia che racconti! Leggendoti ho visto proprio le scene, i movimenti. Non posso che dirti che sei proprio un grande!

Grazie!

dtdc ha detto...

Ciao. E' una scoperta bellissima questo blog. Complimenti per la tua attività. Avanti così. Bruno