domenica 29 aprile 2012

STANDING OVATION

"Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo..."
Fernando Pessoa
Dello spettacolo di ieri sera, mi porto, credo come molti altri spettatori, alcuni insegnamenti ed alcuni ricordi molto significativi.
La disabilità trasformata in abilità, in abilità vera e riconosciuta dai molti applausi e dalle tante risate.
La possibilità vera di percepire distintamente una diversità che appare così grande come una ricchezza ed una lezione di vita che ci fa sentire più piccoli.
La scommessa di vedere alla fine dello spettacolo la gente alzarsi in piedi per applaudire; la speranza, nel vedere che i primi ad alzarsi, siano stati il pubblico più giovane, gli studenti, trascinandosi dietro tutti. Si chiama "standing ovation", ed è il complimento più bello che si possa fare a chi sale su un palco.
 
Credo che la cultura, in questa fase storica così complessa e discutibile nei comportamenti e nelle decisioni di chi ci ha governato e ci governa, sia una chiave di lettura fondamentale per rialzare la testa.
Si vive di economia, ma non si può ragionare solamente sui numeri.
Perchè c'è un aspetto sociale, nella storia di ogni comunità, piccola o grande, che comprende la costruzione di un'identità collettiva e condivisa e la trasmissione dei valori per chi verrà dopo di noi.

Credo che la cultura sia anche questo: trasmettere valori, creare identità comuni e condivise.
In questo, il teatro rappresenta forse la forma più bella e più vera: un palco, dove chi si esibisce lo fa rigorosamente in diretta, a contatto diretto con il pubblico. Un pubblico che ha il solo compito di sedersi, guardare ed ascoltare, con i cellulari spenti e senza poter parlare, al buio, che applaude o fischia.
E' così, che si crea un'emozione; così che si diffonde un pensiero; così, che ci si mette in gioco per davvero.

Credo che l'impatto che la cultura ha sulla vita di una comunità sia profondamente sottovalutato, da quest'epoca così impegnata ad allargare i confini ed a creare "globalizzazione" che si dimentica che l'unico modo che abbiamo per confrontarci con il mondo sia quello di avere un'identità forte, comune, condivisa. 

Forse sta qui il senso dei tanti sforzi nelle tante riunioni, dei confronti a volte anche molto duri, delle decisioni difficili, ma anche della passione e dell'entusiasmo per difendere e diffondere attraverso il palco quei valori che ci hanno permesso, nel tempo, di scrivere la nostra storia.

Beppe


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