Questa volta il viaggio comincia dalla fine.
Ho deciso di non pubblicare il diario di bordo, ma di scriverlo e di condividerlo qui, con chi vorrà e avrà pazienza di leggerlo, un poco per volta. Cominciando dalle ultime righe dell'ultima pagina, dove di solito si nasconde il finale di una storia. Ma questa volta no, proprio no.
L'ultima è la pagina più densa di malinconia, ma la storia beh, quella è scritta ogni giorno.
Buona lettura, per chi vorrà.
Bujumbura, 23 agosto 2008 " [...] E così, si dice per l'ultima volta buonanotte alle stelle d'Africa. Mi sono affacciato sul piccolo balcone dove ogni mattina mi facevo dire buongiorno dal cuore del mondo: fuori c'è solo il rumore dei grilli, il villaggio è nascosto tra le piante di banane ed è notte da un po'.
La gente va a riposare presto, da queste parti. Poi mi sono affacciato sul cortile gigante dove ogni mattina dicevo un migliaio di yambu, sfioravo le mani dei bambini, scambiavo due parole con gli animatori, incrociavo occhi che sono infiniti punti di domanda per loro e per me. Non c'è tristezza, in questo vagare lento per questa che è stata casa mia per più di un mese, ma malinconia, un po' sì.
Rivedo alcuni dei bambini e delle persone incontrate, come se fossero lì, come se fosse all'improvviso giorno; Gide e il suo piccolo piede malato la mattina che dopo la doccia tremava dal freddo, i piccoli che ogni mattina prendevano i vestiti, le piccole mani tese quando i numeri ci permettevano di distribuire le caramelle o i biscotti, Bertrand e l'abbraccio di oggi pomeriggio, Roger, e quel cucciolo di un anno o poco più che il giorno del pranzo ha mangiato tutto il riso mordicchiandolo dalla mia mano. Soprattutto lui. Poi torno dentro.
Davvero sembra una scena triste ma non lo è, non lo può essere. Mi devo sentire un privilegiato ad avere potuto vivere tutto questo, ad aver potuto sfiorare questo angolo di mondo di miseria e povertà, ad avere la terra rossa attaccata ovunque. Sarebbe stupido essere tristi di fronte a questa ricchezza umana che intuisco e intravedo e che capirò bene solo quando sarò sedicimila chilometri più su.
La tristezza non può e non deve vincere, questa sera.
Mi chiedo a cosa pensavano i bambini, nel salutarci oggi, a cosa significassero di preciso quegli occhi piantati nei miei. E mi rispondo che erano grazie reciproci e immensi, di quelli che non si possono raccontare, nè fotografare, nè filmare. Solo vivere. Forse nel dirsi bye pensavano la stessa cosa mia, ritornerò vedrai, è un bye solo per un po'... diciamo un bye piccolo, ecco, diciamo un bye piccolo. Buona notte Africa, buona notte cuore del mondo che ora batte un po' anche al ritmo del mio.
So già cosa farò, cosa penserò, nei prossimi due minuti. Entrerò in camera piano perchè Joy starà già dormendo, dirò a me stesso sei sempre il solito perchè devi ancora finire di preparare le valigie e domani alle sei e mezza c'è colazione, penserò speriamo che l'ultima sera non ci siano troppe zanzare. Poi nel letto, ed allora la mente correrà di nuovo fuori, nel cortile, sul balcone, e sarà giorno, e ci saranno gli animatori, i bambini con la maglietta nuova, i sorrisi. L'ultima parola di questa missione l'ho imparata anche in kirundi. Nella mia lingua, si dice "A PRESTO". Nella loro, "TURO SUBIRA".
Perchè non esistono addii, perchè chi si vuol bene davvero prima o poi si incontra, perchè due mani possono camminare per un po' parallele, ma poi si troveranno.
Non esistono addii, ma solo arrivederci più lunghi."
La gente va a riposare presto, da queste parti. Poi mi sono affacciato sul cortile gigante dove ogni mattina dicevo un migliaio di yambu, sfioravo le mani dei bambini, scambiavo due parole con gli animatori, incrociavo occhi che sono infiniti punti di domanda per loro e per me. Non c'è tristezza, in questo vagare lento per questa che è stata casa mia per più di un mese, ma malinconia, un po' sì.
Rivedo alcuni dei bambini e delle persone incontrate, come se fossero lì, come se fosse all'improvviso giorno; Gide e il suo piccolo piede malato la mattina che dopo la doccia tremava dal freddo, i piccoli che ogni mattina prendevano i vestiti, le piccole mani tese quando i numeri ci permettevano di distribuire le caramelle o i biscotti, Bertrand e l'abbraccio di oggi pomeriggio, Roger, e quel cucciolo di un anno o poco più che il giorno del pranzo ha mangiato tutto il riso mordicchiandolo dalla mia mano. Soprattutto lui. Poi torno dentro.
Davvero sembra una scena triste ma non lo è, non lo può essere. Mi devo sentire un privilegiato ad avere potuto vivere tutto questo, ad aver potuto sfiorare questo angolo di mondo di miseria e povertà, ad avere la terra rossa attaccata ovunque. Sarebbe stupido essere tristi di fronte a questa ricchezza umana che intuisco e intravedo e che capirò bene solo quando sarò sedicimila chilometri più su.
La tristezza non può e non deve vincere, questa sera.
Mi chiedo a cosa pensavano i bambini, nel salutarci oggi, a cosa significassero di preciso quegli occhi piantati nei miei. E mi rispondo che erano grazie reciproci e immensi, di quelli che non si possono raccontare, nè fotografare, nè filmare. Solo vivere. Forse nel dirsi bye pensavano la stessa cosa mia, ritornerò vedrai, è un bye solo per un po'... diciamo un bye piccolo, ecco, diciamo un bye piccolo. Buona notte Africa, buona notte cuore del mondo che ora batte un po' anche al ritmo del mio.
So già cosa farò, cosa penserò, nei prossimi due minuti. Entrerò in camera piano perchè Joy starà già dormendo, dirò a me stesso sei sempre il solito perchè devi ancora finire di preparare le valigie e domani alle sei e mezza c'è colazione, penserò speriamo che l'ultima sera non ci siano troppe zanzare. Poi nel letto, ed allora la mente correrà di nuovo fuori, nel cortile, sul balcone, e sarà giorno, e ci saranno gli animatori, i bambini con la maglietta nuova, i sorrisi. L'ultima parola di questa missione l'ho imparata anche in kirundi. Nella mia lingua, si dice "A PRESTO". Nella loro, "TURO SUBIRA".
Perchè non esistono addii, perchè chi si vuol bene davvero prima o poi si incontra, perchè due mani possono camminare per un po' parallele, ma poi si troveranno.
Non esistono addii, ma solo arrivederci più lunghi."
2 commenti:
Con le lacrime agli occhi ho rivissuto l'esperienza del mio viaggio in Africa in una località definita la peggiore del mondo.
L'espressione dei bambini mi è
rimasta nel cuore e non riuscirò
mai a cancellarla perchè tutte le volte che mi torna alla mente provo gioia,quella gioia che i bimbi, nella loro innocenza, mi hanno trasmesso con i loro occhi e con i loro affettuosi sorrisi. Grazie, Africa, sei sempre nel mio cuore.
Scaldi davvero il cuore con le tue emozioni e le tue impressioni. Deve essere stato un viaggio stupendo. La prossima volta vengo anche io!
Posta un commento