Nel mondo la chiamano "L'angelo del Burundi". Si chiama Marguerite, per tutti, semplicemente Maggie.
Durante la guerra vide massacrare a colpi di machete le donne, i bambini, gli uomini di un villaggio; si salvò una bambina, la prese ferita, se ne occupò, e decise, come dice nel libro, che "l'odio non poteva essere l'ultima parola".
Così ha aperto la Maison Shalom, dapprima solo una piccola casa, oggi una realtà che conta moltissime opere in Burundi, sparse in varie città. Su internet (che qui non c'è...) si trovano molte informazioni. Nei giorni scorsi abbiamo visitato il cinema degli Angeli, la fattoria, il nuovo ospedale Rema, l'orfanatrofio, le case.
Maggie raccoglie gli orfani, gli ultimi, quelli che la guerra ha trasformato da bambini in soldati senza anima, e quelli che la guerra ha trasformato da bambini in vittime innocenti da cacciare. Lei li raccoglie, li aiuta a crescere, a riscoprire che dopo una guerra c'è un cuore ferito ma che di nuovo può ricominciare battere.
[...]
Scrivere di lei mi emoziona molto. Ha due occhi splendidi, illuminati da una luce che non può essere solo il riflesso del sole, che pure qui è forte e luminoso; oggi, sono stato a casa sua.
[...]
Il piccolo cortile porta ad una stanza africana, divani, tappeti di banana secca per terra, statue, un piccolo tavolino al centro; ci sediamo. Poi raccontiamo chi siamo, da dove veniamo, che andremo al Don Bosco di Ngozi con i bambini, la formazione agli animatori, l'esperienza pilota dell'anno scorso, il nostro video sui diritti umani. Le dico che sarebbe un onore poter intervistarla, poterle fare qualche domanda, mi dice che va bene. Le dico anche che se tengo la videocamera accesa, potrò usare direttamente la sua testimonianza e non la mia interpretazione delle sue parole. Lei dice che non c'è problema.
Prendiamo un thè e mangiamo arachidi, e mentre mangio le arachidi mi viene in mente il bambino dell'altro giorno. Pete e Jean d'Arc sono emozionati, non si perdono una parola.
Poi facciamo un giro della casa, e continuiamo a parlare. "Faccio un'eccezione, vi faccio entrare in camera mia, voi non siete giornalisti e non volete sapere cose per scrivere, allora vi porto a vedere alcune cose, iniziamo da lì...".
La camera è piccola, il letto con la zanzariera semi-disfatto, una mensola grande sta all'ingresso, è piena di premi di ogni tipo, delle Nazioni Unite, dell'Unicef, di moltissime associazioni... sulle pareti foto con presidenti, segretari generali, ministri... "L'Italia fa molto per noi, questo è un premio che ho ritirato a Livorno, qualche mese fa, ci hanno aiutato molto e continueranno a farlo, siete un paese generoso. Ma andiamo di là, abbiamo da parlare di cose più importanti di queste foto, qui bisogna lavorare per crescere e costruire, non mi interessa granchè accumulare targhette..."
[...]
Parla per un'ora o forse più, Maggie. La ascolto affascinato da quanto amore c'è nelle sue parole. Ci parla dei bambini, della speranza di dargli un futuro nel quale possano avere dignità; ci parla della guerra, del fatto che l'odio non può vincere, della fatica di relazionarsi con i governi, dei progetti per il futuro. Poi ci presenta la bambina del libro, parla un po' di italiano perchè è stata a Milano. Ha più o meno la mia età.
Il tempo scorre veloce, facciamo una foto e salutiamo Maggie, la ringraziamo di cuore. Ci siamo guardati negli occhi per qualche secondo, fisso negli occhi, come mi piace fare nei saluti importanti. Ha due occhi splendidi, semplicemente, in quegli occhi c'è qualcosa di più.
Poi andiamo.
[...]
Stasera a cena ho incontrato la ragazza del libro. Abbiamo chiacchierato un po', fuori dall'imbarazzo di una videocamera accesa e di qualsiasi formalità. Dello studio, del lavoro. Non di lei. Poi abbiamo bevuto una Fanta. Ha una vita segnata da un'infinito dolore, quando gli africani hanno gli occhi tristi, si vede subito. Verrà a Milano, per curarsi, così ci siamo scambiati i numeri di telefono, e una promessa che questa volta la Fanta la offro io.
[...]
E un altro giorno è andato, come diceva una canzone di Guccini.
Giornata piena, ho davanti Maggie e la sua dolcezza, le sue parole, la fede che anche lì, le fa credere in un futuro migliore e le dà la forza di mettere un mattoncino per volta.
Buona notte Ruyjgi, si parte verso casa di Henry, con il cuore pieno di due occhi illuminati.
L'odio non può vincere Peppe, ricordatelo... coraggio che domani si riparte.
Notte Burundi...
Peppe
Durante la guerra vide massacrare a colpi di machete le donne, i bambini, gli uomini di un villaggio; si salvò una bambina, la prese ferita, se ne occupò, e decise, come dice nel libro, che "l'odio non poteva essere l'ultima parola".
Così ha aperto la Maison Shalom, dapprima solo una piccola casa, oggi una realtà che conta moltissime opere in Burundi, sparse in varie città. Su internet (che qui non c'è...) si trovano molte informazioni. Nei giorni scorsi abbiamo visitato il cinema degli Angeli, la fattoria, il nuovo ospedale Rema, l'orfanatrofio, le case.
Maggie raccoglie gli orfani, gli ultimi, quelli che la guerra ha trasformato da bambini in soldati senza anima, e quelli che la guerra ha trasformato da bambini in vittime innocenti da cacciare. Lei li raccoglie, li aiuta a crescere, a riscoprire che dopo una guerra c'è un cuore ferito ma che di nuovo può ricominciare battere.
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Scrivere di lei mi emoziona molto. Ha due occhi splendidi, illuminati da una luce che non può essere solo il riflesso del sole, che pure qui è forte e luminoso; oggi, sono stato a casa sua.
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Il piccolo cortile porta ad una stanza africana, divani, tappeti di banana secca per terra, statue, un piccolo tavolino al centro; ci sediamo. Poi raccontiamo chi siamo, da dove veniamo, che andremo al Don Bosco di Ngozi con i bambini, la formazione agli animatori, l'esperienza pilota dell'anno scorso, il nostro video sui diritti umani. Le dico che sarebbe un onore poter intervistarla, poterle fare qualche domanda, mi dice che va bene. Le dico anche che se tengo la videocamera accesa, potrò usare direttamente la sua testimonianza e non la mia interpretazione delle sue parole. Lei dice che non c'è problema.
Prendiamo un thè e mangiamo arachidi, e mentre mangio le arachidi mi viene in mente il bambino dell'altro giorno. Pete e Jean d'Arc sono emozionati, non si perdono una parola.
Poi facciamo un giro della casa, e continuiamo a parlare. "Faccio un'eccezione, vi faccio entrare in camera mia, voi non siete giornalisti e non volete sapere cose per scrivere, allora vi porto a vedere alcune cose, iniziamo da lì...".
La camera è piccola, il letto con la zanzariera semi-disfatto, una mensola grande sta all'ingresso, è piena di premi di ogni tipo, delle Nazioni Unite, dell'Unicef, di moltissime associazioni... sulle pareti foto con presidenti, segretari generali, ministri... "L'Italia fa molto per noi, questo è un premio che ho ritirato a Livorno, qualche mese fa, ci hanno aiutato molto e continueranno a farlo, siete un paese generoso. Ma andiamo di là, abbiamo da parlare di cose più importanti di queste foto, qui bisogna lavorare per crescere e costruire, non mi interessa granchè accumulare targhette..."
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Parla per un'ora o forse più, Maggie. La ascolto affascinato da quanto amore c'è nelle sue parole. Ci parla dei bambini, della speranza di dargli un futuro nel quale possano avere dignità; ci parla della guerra, del fatto che l'odio non può vincere, della fatica di relazionarsi con i governi, dei progetti per il futuro. Poi ci presenta la bambina del libro, parla un po' di italiano perchè è stata a Milano. Ha più o meno la mia età.
Il tempo scorre veloce, facciamo una foto e salutiamo Maggie, la ringraziamo di cuore. Ci siamo guardati negli occhi per qualche secondo, fisso negli occhi, come mi piace fare nei saluti importanti. Ha due occhi splendidi, semplicemente, in quegli occhi c'è qualcosa di più.
Poi andiamo.
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Stasera a cena ho incontrato la ragazza del libro. Abbiamo chiacchierato un po', fuori dall'imbarazzo di una videocamera accesa e di qualsiasi formalità. Dello studio, del lavoro. Non di lei. Poi abbiamo bevuto una Fanta. Ha una vita segnata da un'infinito dolore, quando gli africani hanno gli occhi tristi, si vede subito. Verrà a Milano, per curarsi, così ci siamo scambiati i numeri di telefono, e una promessa che questa volta la Fanta la offro io.
[...]
E un altro giorno è andato, come diceva una canzone di Guccini.
Giornata piena, ho davanti Maggie e la sua dolcezza, le sue parole, la fede che anche lì, le fa credere in un futuro migliore e le dà la forza di mettere un mattoncino per volta.
Buona notte Ruyjgi, si parte verso casa di Henry, con il cuore pieno di due occhi illuminati.
L'odio non può vincere Peppe, ricordatelo... coraggio che domani si riparte.
Notte Burundi...
Peppe
1 commento:
grazie lisa, sei molto cara come sempre!
aspetto la mail, e nel frattempo ti mando un sorriso..
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