Sabato 19 luglio 2008
E' il giorno dell'ordinazione; già da ieri sera sono arrivati gli invitati, dal Congo, dal Rwanda, qualcuno dall'Uganda: Pete ha fatto un gran lavoro in questi giorni, cercando stanze su stanze in tutti i posti disponibili di Ruyjgi, così dovrebbe essere riuscito a sistemare tutti e 60 gli invitati che arrivano da fuori. Chi arriva dal Burundi, si aggiusterà e tornerà a casa.
C'è aria di festa, i vestiti sono quelli delle grandi occasioni.
Noi tre italiani con il nostro modo, vestito, giacca, cravatta... Pete e Jean d'Arc con il loro modo africano. Siamo molto amici ormai, viviamo praticamente insieme da quattro giorni e ci conoscevamo di vista dall'anno scorso, c'è aria di grande complicità e amicizia. Qualche battuta su quanto potrà durare la messa, poi si va.
Henry è giusto passato a salutarci. "Grazie per essere qui, non saprò mai come ringraziarvi abbastanza". Si va per davvero.
La cattedrale è addobbata per le grandissime occasioni.
Tappeto di paglia, foglie di banana, qualche drappo colorato; anche le polizia e i soldati sono meno invasivi del solito. Chiaramente siamo l'attrazione del pre-cerimonia, l'essere bianco e l'avere il vestito elegante è un mix che da queste parti è evento raro, e così ci osservano per interi minuti; dopo un po' ci si fa l'abitudine, ad essere osservati costantemente, e se l'anno scorso e i primissimi giorni questo mette inizialmente un po' a disagio, adesso quasi non ci faccio più caso.
Verso le nove e mezza (qui è african time anche nelle celebrazioni ufficiali) si comincia.
[...]
Alle tre e qualche minuto usciamo dalla cattedrale, un tantino provati da sei ore di messa in kirundi, che seppur danzata, ballata, suonata quasi interamente, è comunque una celebrazione dove abbiamo capito solo la parola "italiani" verso la fine...
Ora si va a festeggiare, a mangiare e magari a bere qualcosa, qualsiasi cosa...
[...]
Della festa, oltre ai discorsi (che abbiamo dovuto improvvisare anche noi) e alla famiglia di Henry, molti dei quali non erano mai usciti dal loro villaggio, racconterò certamente di un episodio che mi farà ridere ma pensare anche a mesi di distanza.
Abbiamo portato dall'Italia alcuni cannoncini di coriandoli, di quelli che si usano nelle feste, per utilizzarli con i bambini, ma visto il giorno di festa ne abbiamo portati due con noi... Bene.
Quando li abbiamo utilizzati, all'ingresso di Henry nel giardino, scene di panico e di paura, gente che scappava... immediatamente si è capito che era un gioco per la festa, così tutti ridevano o sorridevano. Eccetto uno, che si è lanciato sotto il tavolo e si è rovesciato tutto quel che c'era sopra addosso al vestito della festa...
E se da un lato questo ci ha fatto ridere ed ognuno che ci veniva a salutare ci ricordava e ri-raccontava questo episodio (ne avrò sentite una ventina di versioni diverse, questi burundesi sono incredibili...), dall'altro questa sera mi dico anche che vivere in una terra dove si è combattuta una guerra ti fa in qualche modo entrare dentro il gene della paura anche quando tutto finisce e tutto sembra tornato quasi normale.
Stasera sono particolarmente stanco, nonostante non abbiamo fatto granchè; domattina comincia un'altra avventura, sveglia alle sei e partenza per il villaggio di Henry, staremo lì tre giorni.
Si trova in una collina abbastanza lontana da qualsiasi villaggio grande.
Abiteremo lì, in una casa, nel villaggio stanno aspettando "gli italiani", e i bambini aspettano lo spettacolo di magia.
Sarà bello, anche questo sarà bello, e si va a dormire con la voglia che la sveglia suoni il più in fretta possibile.
Notte
Peppe
p.s.: nel week end mi sono ripromesso di non riportare il diario, ma le foto, dunque per i prossimi due giorni niente diario scritto, che riprende lunedì, ma fotografico...
C'è aria di festa, i vestiti sono quelli delle grandi occasioni.
Noi tre italiani con il nostro modo, vestito, giacca, cravatta... Pete e Jean d'Arc con il loro modo africano. Siamo molto amici ormai, viviamo praticamente insieme da quattro giorni e ci conoscevamo di vista dall'anno scorso, c'è aria di grande complicità e amicizia. Qualche battuta su quanto potrà durare la messa, poi si va.
Henry è giusto passato a salutarci. "Grazie per essere qui, non saprò mai come ringraziarvi abbastanza". Si va per davvero.
La cattedrale è addobbata per le grandissime occasioni.
Tappeto di paglia, foglie di banana, qualche drappo colorato; anche le polizia e i soldati sono meno invasivi del solito. Chiaramente siamo l'attrazione del pre-cerimonia, l'essere bianco e l'avere il vestito elegante è un mix che da queste parti è evento raro, e così ci osservano per interi minuti; dopo un po' ci si fa l'abitudine, ad essere osservati costantemente, e se l'anno scorso e i primissimi giorni questo mette inizialmente un po' a disagio, adesso quasi non ci faccio più caso.
Verso le nove e mezza (qui è african time anche nelle celebrazioni ufficiali) si comincia.
[...]
Alle tre e qualche minuto usciamo dalla cattedrale, un tantino provati da sei ore di messa in kirundi, che seppur danzata, ballata, suonata quasi interamente, è comunque una celebrazione dove abbiamo capito solo la parola "italiani" verso la fine...
Ora si va a festeggiare, a mangiare e magari a bere qualcosa, qualsiasi cosa...
[...]
Della festa, oltre ai discorsi (che abbiamo dovuto improvvisare anche noi) e alla famiglia di Henry, molti dei quali non erano mai usciti dal loro villaggio, racconterò certamente di un episodio che mi farà ridere ma pensare anche a mesi di distanza.
Abbiamo portato dall'Italia alcuni cannoncini di coriandoli, di quelli che si usano nelle feste, per utilizzarli con i bambini, ma visto il giorno di festa ne abbiamo portati due con noi... Bene.
Quando li abbiamo utilizzati, all'ingresso di Henry nel giardino, scene di panico e di paura, gente che scappava... immediatamente si è capito che era un gioco per la festa, così tutti ridevano o sorridevano. Eccetto uno, che si è lanciato sotto il tavolo e si è rovesciato tutto quel che c'era sopra addosso al vestito della festa...
E se da un lato questo ci ha fatto ridere ed ognuno che ci veniva a salutare ci ricordava e ri-raccontava questo episodio (ne avrò sentite una ventina di versioni diverse, questi burundesi sono incredibili...), dall'altro questa sera mi dico anche che vivere in una terra dove si è combattuta una guerra ti fa in qualche modo entrare dentro il gene della paura anche quando tutto finisce e tutto sembra tornato quasi normale.
Stasera sono particolarmente stanco, nonostante non abbiamo fatto granchè; domattina comincia un'altra avventura, sveglia alle sei e partenza per il villaggio di Henry, staremo lì tre giorni.
Si trova in una collina abbastanza lontana da qualsiasi villaggio grande.
Abiteremo lì, in una casa, nel villaggio stanno aspettando "gli italiani", e i bambini aspettano lo spettacolo di magia.
Sarà bello, anche questo sarà bello, e si va a dormire con la voglia che la sveglia suoni il più in fretta possibile.
Notte
Peppe
Il diario
p.s.: nel week end mi sono ripromesso di non riportare il diario, ma le foto, dunque per i prossimi due giorni niente diario scritto, che riprende lunedì, ma fotografico...
2 commenti:
che diario splendido caro peppe, pbblicalo, non ti conosco ma pubblicalo, dico davvero... se sono le premesse...
lo leggero tutto e volentieri!
Gio
grazie di cuore Lisa!
:-)
Peppe
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