lunedì 24 maggio 2010

... E se questi li chiamano campioni del mondo...

Che i calciatori non fossero esattamente definibili come esempi di vita, non è poi una grossa novità.

Perchè è una vita particolare, la loro.
Molto ricca quando si è molto (troppo) giovani, per una componente mista di talento e fortuna che ti ha portato ad essere osannato sui campi di calcio, ad essere pagato piuttosto bene per buttare una palla rotonda dentro una porta. Poi, ognuno ci metta la filosofia che vuole, qui intorno, ma la sintesi estrema è questa: essere pagati per tirare calci ad un pallone.

Ancora più particolare, è la vita di chi va a disputare un campionato del mondo, scelto tra i già pochi privilegiati per una componente mista di talento e raccomandazione (più la seconda, a dire il vero, che è poi lo specchio esatto dell'Italia di oggi) che ti fa mettere addosso una maglietta con la quale tu rappresenti una nazione. Sempre, comunque, per tirare calci ad un pallone.

Quest'anno, la nazionale dei "prescelti" ha deciso di partire dalla Reggia di Venaria Reale, Torino.
Che è poi la città nella quale abito e vivo.
Sfortunatamente (o fortunatamente, a seconda dei punti di vista) non ero lì oggi, impegnato altrove, così mi sono accontentato dei racconti di chi ha perso tempo per "andarli a vedere".

Io non chiamo campione del mondo chi fa fermare una coda di 2000 persone per visitare privatamente e senza pagare il biglietto d'ingresso un monumento storico che quelle 2000 persone andranno a visitare qualche ora dopo pagando il biglietto per entrare.
E non chiamo campione del mondo chi sa che ci sono centinaia di bambini che li aspettano perchè li hanno visti in tv, con le loro magliettine azzurre addosso ad aspettare pazientemente sotto il sole di un 23 maggio qualunque, e non ti degna nemmeno di uno sguardo (non parliamo di autografi, sono mani de diòs, evidentemente, oltre che piedi de diòs...) ma tira dritto come la migliore star del cinema nel bus con i vetri rigorosamente oscurati perchè è noto che gli sguardi di chi ti ammira ti consumano.

Io preferisco pensare che i campioni del mondo sono quelli che si alzano al mattino e vanno a lavorare per 1200 € al mese, che sono le mamme che accompagnano pazientemente i bambini a scuola ogni giorno e gli insegnano a studiare con impegno e costanza.

Preferisco pensare che il 23 maggio, alla Reggia di Venaria Reale, provincia di Torino, tanti campioni del mondo hanno accompagnato i loro bambini ad aspettare per vedere un gruppetto di una quarantina di finte star che si atteggiano come gente di talento.
E spero tanto che quelle migliaia di persone tornino a casa e spieghino ai loro bambini che è più onesto, più dignitoso, e più colmo di gratitudine vera svegliarsi ogni giorno e andare a lavorare per la famiglia, senza stancarsi mai. Qui sì, che ci vuole talento.

Che è molto più difficile, che imparare a tirare quattro calci al pallone.

Questi quaranta ingrati non rappresentano l'Italia. Non rappresentano la mia Italia.
Ma rispecchiano fedelmente l'Italia dei privilegiati che si dimenticano da dove arrivano, dei raccomandati, dei ricchi snob.
Una sola parola: INGRATI.
E se questi li chiamano campioni del mondo, forse dobbiamo rivedere il vocabolario.

Nessun commento: