lunedì 29 settembre 2008

KIBEHO


Avviso: come dice Baricco, un racconto è un viaggio per viandanti pazienti. Nel riscriverla, mi sono reso conto di quanto fosse lunga questa pagina, ma davvero non potevo accorciarla...

Mercoledì 29 luglio


Giornata di quelle da ricordare per ricordarsi e per poter raccontare agli altri.
“Vi porto a Kibeho, è un posto che merita di essere visto, credo che voi siate pronti”.
Partiamo con la jeep di buon mattino, ci attende un piccolo tratto di strada asfaltata prima di inoltrarsi in qualcuna di queste mille colline rwandesi. Lì scompare l’asfalto, ed è solo più strada rossa, tanto che per un momento mi sembra d’essere ritornato di nuovo nel Burundi. Arriviamo su questa collina, Kibeho, dove sorge un piccolo santuario, incontrando lungo la via molti uomini e donne con i bambini che stavano andandoci a piedi, viaggiando anche quattro o cinque ore.
Ci accolgono due bambini con le arachidi; due chiacchiere con loro, ci chiedono una foto e sorridono di stupore nel vederla riprodotta in tempo reale sul piccolo display della macchina digitale, poi li salutiamo e camminiamo per un po’.
Kibeho. Qui apparve la Madonna, dal 1981 all’inizio degli anni ‘90. A tre contadine, gente qualunque, che non aveva mai neppure visto in un quadro la Madonna così come la conosciamo. Eppure, la descrissero uguale, di carnagione chiara, con il vestito bianco e uno scialle azzurro, con gli occhi dolci.
Parlò molto con queste contadine, dicendole di ritornare, sempre nello stesso punto di quella collina. L’ultima volta che apparve, piangeva.

“Il mondo va male... Il mondo corre verso la sua rovina, sta per cadere in un baratro... Il mondo è in ribellione contro Dio, vi si commettono troppi peccati, non c'è più né amore né pace... Se voi non vi pentite e non vi convertite i vostri cuori, voi cadrete tutti in un baratro. Scorreranno fiumi di sangue".

Disse questo, ad una contadina.
Dodici anni dopo, nel 1994, vennero bruciate vive nello stesso giorno 10.000 donne, bambini, uomini che si erano rifugiati nella chiesa per sfuggire al massacro: la chiesa conserva all’esterno i segni viola là dove il muro era stato rotto dai guerriglieri per poter entrare, e all’interno non è stata dipinta, tanto che sembra una vecchia fabbrica annerita dal tempo.
L’anno dopo, nel 1995, là dove ci furono e apparizioni, vennero massacrate a colpi di machete altre 8000 persone. Un fiume di sangue scendeva dalla collina, raccontano i sopravvissuti.
Stamattina abbiamo incontrato la veggente, una delle tre contadine, che è rimasta lì, su quella collina ormai quasi deserta e senza più villaggi, ad accogliere i pellegrini, parlando un po’ con lei.
Dopo, Celestine ci ha portato in un posto che gli occhi non cancelleranno mai più.
"Chi ha lo stomaco debole non entri, o esca subito. Joseph se vuoi filmare fa’ pure..."
“Ve ne siete andati quando c’era ancora bisogno di voi”, è la scritta all’ingresso di queste scale che scendono in una specie di seminterrato ricavato direttamente nella terra. Lì sotto, 25.000 cadaveri, alcuni interi e carbonizzati, altri suddivisi in un ordine un po’ macabro forse, ma che rende l’idea di quel che è successo. Tutti i crani, o quel che ne rimane, cominciando da quelli dei bambini, poi le ossa delle braccia, delle gambe. Due stanzoni ininterrotti, non molto grandi ma nei quali si ha la sensazione di un cammino infinito; la videocamera ho deciso di lasciarla spenta, per il rispetto e la dignità che si deve alla vita umana. Credo che anche le foto e le riprese debbano avere una propria dignità. Così, molte cose che sarebbero testimonianze toccanti, resteranno racchiuse solamente nel cuore.
Dieci minuti senza dire una parola. Poi tre piccole Ave Maria, sulle scale verso l’uscita, una in italiano, una in francese e l’ultima in kirundi. Per loro, per i morti innocenti di questa e di ogni altra guerra, per i bambini che devono pagare così la stupidità degli adulti e l'indifferenza del resto del mondo. Non è un posto turistico, è un luogo di preghiera questo, ed è un caso eccezionale che il custode di questo memoriale ci abbia fatto scendere fin giù. Il grazie finale che gli diciamo ha il sapore dolce della riconoscenza.
Siamo bianchi, e per una volta va bene così.
E’ una sensazione di incredibile disagio rivedere la luce del sole dopo aver oltrepassato l’ultimo scalino di terra, nell'immaginarsi cosa possa essere successo lì per la sola lucidissima follia dell’essere umano.
Risparmio i dettagli del racconto del come sia successo tutto questo, di come la macchina di morte di un genocidio possa essere messa in atto, lucidamente, nell’indifferenza di un occidente che è scappato nei confini sicuri e lontani.
E stasera sono qui, nella mia piccola stanza, a scrivere questa pagina di giornata che mi porterò dentro per sempre. Non lacrime di dolore, stamattina. Solo occhi lucidi, e una gran voglia di giustizia.
Sarà difficile raccontare questo giorno al ritorno a casa. Più difficile del resto che è successo fino ad ora.
Ciascuno è libero di credere o non credere alle apparizioni del cielo. Fa parte della libertà di ogni uomo catalogarle come pura invenzione, come semplice suggestione, come allucinazione, come verità. Come Verità.
Credo e scelgo l’ultima, come Verità.
Buona notte, con un ultima preghiera per chi ancora sta pagando e pagherà ogni giorno e per chissà quanto con la vita, la fame di potere di altri uomini.
Ci sarà una giustizia, lo so. Forse non qui, però.

Peppe

2 commenti:

Lisa72 ha detto...

Purtroppo, lo dico per me, io non credo che ci sarà una giustizia se non decidiamo di assumerci le responsabilità della nostra codardia e della nostra fama di potere e denaro.. se non siamo noi sedicenti Uomini a prendere, giudicare e condannare e punire quelli che sono solo bestie....
Ma la mia visone relativa della vita non mi impedisce di congratularmi con te per le tue parole, per i tuoi gesti e, anche, per le tue preghiere perché sono i sentimenti buoni di una persona buona!
Un caro abbraccio e ancora grazie, Lisa

Anonimo ha detto...

Un racconto/pezzo di diario molto toccante, Peppe. Le mille storie che crea l'uomo, quelle terribili, quelle orribili sono come pagine di vita strappate e gettate nel fuoco.
Nonostante tutto, io credo ancora che una giustizia ci sia anche se nascosta ai nostri occhi. Non so nè dove nè quando, ma come si dice, dentro di me la speranza è viva.
Grazie per questi splendidi e difficili racconti dall'Africa.
Un abbraccio,
Lara